Per anni la Cina ha investito miliardi per salvare i Paesi in via di sviluppo sulla Via della Seta per i propri interessi.
Pechino fa concorrenza al Fmi per i suoi anni di investimento nei Pvs (paesi in via di sviluppo) che sorgono sulla Via della Seta. Secondo un recente studio la Cina avrebbe speso 240 miliardi di dollari per salvare 22 paesi tra il 2008 e il 2021 per costruire infrastrutture sulla cosiddetta “Belt and Road” strategici per la loro posizione geografica o perché ricchi di risorse naturali.
Ma questi progetti stanno costando tanto a Pechino perché spesso si sono rivelati più onerosi del previsto e gli investimenti stanno diminuendo da qualche anno perché insostenibili. Circa l’80% è stato erogato a paesi a medio reddito come Argentina, Mongolia e Pakistan. Questo è quanto emerge dal rapporto dei ricercatori della Banca Mondiale, della Harvard Kennedy School, di AidData e dell’Istituto di Kiel per l’economia mondiale.
Chi ha ricevuto questi prestiti e in che modo
“Pechino sta cercando di salvare le proprie banche. Ecco perché è entrata nel rischioso business dei prestiti internazionali per il salvataggio“, ha dichiarato a Reuters Carmen Reinhart, ex capo economista della Banca Mondiale e una delle autrici dello studio. L‘Argentina ha ricevuto il maggior numero di prestiti, con 111,8 miliardi di dollari, seguita dal Pakistan con 48,5 miliardi di dollari e dall’Egitto con 15,6 miliardi di dollari. Nove Paesi hanno ricevuto meno di 1 miliardo di dollari.
Inoltre, i ricercatori sottolineano che i prestiti non sono chiari e ben definiti, definendoli “opachi e non coordinati” cosa che ha sollevato l’ira di Pechino che ha risposto precisando che i suoi investimenti all’estero sono trasparenti e seguono le leggi di mercato. “Non ha mai costretto nessuna parte a prendere in prestito denaro, non ha mai obbligato nessun Paese a pagare, non applicherà alcuna condizione politica agli accordi di prestito e non cerca alcun interesse politico personale”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.